Il marmo: le tecniche di movimentazione e trasporto
La bancata, una volta staccata dal monte, viene dapprima movimentata o ridotta in blocchi quadrati o rettangolari che vanno anch’essi movimentati in modo da rendere più agevole il trasporto dalla montagna verso il piano, dove il marmo viene lavorato, oppure continua il suo viaggio verso il porto di Carrara per raggiungere gli acquirenti in tutto il mondo.
Anticamente, i blocchi di marmo venivano movimentati con l’utilizzo di slitte o tramite la spettacolare tecnica della lizzatura, che consentiva lo spostamento dei blocchi dai fronti in quota fino ai piazzali di cava, dove veniva poi caricato su carri e trasportato al piano. La tecnica impiegava un gruppo di cavatori detto “compagnia di lizza”, che disponevano il blocco (o i blocchi: una lizzatura infatti poteva comportare la movimentazione di più blocchi) su travi di legno (solitamente di faggio, o comunque di materiale molto robusto) a sezione quadrangolare, dette “lizze”, leggermente incurvate nella parte anteriore, che formavano una sorta di slitta. Il marmo veniva quindi imbracato con l’utilizzo di canapi lubrificati (poi sostituiti con funi d’acciaio in epoche più recenti) che venivano assicurati con diversi giri a pali di legno circolari, detti “piri”, piantati nel terrerno, su cui gravava tutto il peso della carica, ovvero dell’insieme di blocchi da movimentare. Lo scorrimento dei canapi attorno ai piri permetteva la discesa della carica: man mano che quest’ultima scendeva, le lizze venivano fatte scivolare sopra ai parati, piccoli tronchi di legno che venivano insaponati per facilitare lo scorrimento della carica e progressivamente disposti lungo la “via di liazza”, il percorso che la carica seguiva lungo il pendio della montagna. La direzione delle operazioni spettava al “capolizza”, che impartiva gli ordini ai “mollatori” (gli operai addetti al cavo) e ai “legnaroli” (quelli che dovevano spostare i parati via via che la carica scendeva): il suo era anche il ruolo più rischioso, dal momento che, per dirigere al meglio la lizzatura, doveva disporsi di fronte alla carica, esponendosi al pericolo mortale d’essere travolto se i canapi si fossero rotti. I percorsi non erano lunghi, ma erano molto complicati (per via dei cambi di pendenza, delle curve, delle asperità che si potevano incontrare lungo il tragitto, degli inconvenienti tecnici che potevano sorgere) e la lizzatura poteva durare anche diverse ore e richiedeva forza fisica, resistenza alla fatica, capacità di calcolo, conoscenza del monte e grande intelligenza, tanto che far parte di una compagnia di lizza era considerato un onore da parte dei cavatori. Con la tecnica della lizzatura fu movimentato anche l’enorme “monolite”, il blocco di 300 tonnellate cavato nel 1929 e destinato al Foro Italico di Roma (su internet sono facilmente reperibili i filmati dell’epoca che documentano tutte le operazioni).
Anche la varata veniva utilizzata per movimentare i blocchi, dal momento che le esplosioni permettevano lo scivolamento di grandi bancate.
Attualmente, per movimentare i blocchi vengono utilizzati moderni pezzi pesanti. Attraverso argani, bulldozer, ruspe o gru, si effettua il rovesciamento delle bancate: una volta tagliate, vengono rovesciate sul piazzale di cava, sopra a un “letto di caduta” precedentemente preparato e composto da detriti. L’operazione ha anche il fine di valutare la qualità del materiale. Il ciclo produttivo in cava termina con il sollevamento, per mezzo di gru, dei blocchi, che vengono caricati sui mezzi di trasporto che li condurranno al piano. In antico, il trasporto avveniva attraverso carri trainati da buoi, mentre attualmente il compito tocca alle decine di camion che ogni giorno percorrono la strada dei marmi, che collega le cave al piano. Tra il 1876 e il 1964, il trasporto avvenne anche su ferrovia: all’epoca fu infatti attiva la Ferrovia Marmifera, che aveva diverse stazioni in corrispondenza delle cave più importanti. I blocchi partivano dalle stazioni di Colonnata, Gioia, Calaggio, Ravaccione, Fantiscritti, Tarnone e raggiungevano prima il centro storico di Carrara, dov’erano presenti le stazioni di Carrara Monterosso (adibita al solo traffico merci: qui i blocchi scendevano per raggiungere gli impianti di lavorazione vicini al centro) e di Carrara San Martino (la stazione di Carrara città, dove veniva effettuato anche il servizio passeggeri), e poi le località più vicine al mare, come Avenza e Marina, dove i blocchi venivano smistati o verso gli stabilimenti della costa, oppure venivano imbarcati al porto.